Cambio di destinazione d’uso: guida completa sul mutamento di immobili. Quali sono i permessi, le autorizzazioni e la pratica edilizia (Scia, CILA o Permesso di costruire). Quando occorre pagare gli oneri di urbanizzazione? Quali sono i costi e i tempi?
Se stai leggendo questo articolo è perché hai la necessità di cambiare la destinazione d’uso, urbanistica e catastale. In questa guida, capiremo quali sono le autorizzazioni e i permessi da richiedere, i costi da affrontare e, specialmente, quando è possibile realizzare il mutamento di destinazione d’uso.
Riconosciamo che, il cambio è una delle operazioni più “complesse” in ambito urbanistico. Non sottovalutarla.
Puntualizzazione doverosa, su cui notiamo molta confusione tra i clienti, sta nella differenza tra catasto e urbanistica. Spesso, mi richiesto un cambio di destinazione al catasto. Il mutamento avviene prima di tutto all’urbanistica chiedendo il “permesso” al Comune. Successivamente, viene aggiornata la parte fiscale e quindi il catasto. Ciò che permette o meno di realizzare il cambio è la pratica urbanistica comunale. Il simpatico catasto ha il solo fine di definire quante tasse dovrai versare.
Premesso ciò, partiamo con il definire quali sono le categorie di destinazioni d’uso, così come previste dalla normativa:
Pe destinazione d’uso di un immobile si intende l’insieme delle finalità di utilizzo del manufatto edilizio.
La normativa definisce 5 categorie. Il tuo immobile ricadrà sicuramente in una di queste! Non confonderti con ciò che leggi sulla visura catastale, le categorie catastali sono differenti seppur collegate.
A) residenziale: abitazioni di qualsiasi genere e natura. Sono comprese quelle utilizzate in modo promiscuo (abitazione – studio professionale o abitazione – affittacamere) quando la prevalente superficie dell’unità sia adibita ad uso abitativo;
A-bis) turistico-ricettiva: alberghi, residenze turistico-alberghiere, campeggi ed aree di sosta, nonché le altre attività a carattere essenzialmente ricettivo, come ostelli, e le altre attività extra-alberghiere;
B) produttiva e direzionale: industrie, laboratori artigiani, corrieri, magazzini ed imprese edili, laboratori di riparazione e simili, officine e carrozzerie e in genere ogni attività finalizzata alla produzione di beni o servizi, oppure alla trasformazione di beni o materiali, anche quando comprendono, nella stessa unità, spazi destinati alla commercializzazione dei beni prodotti dall’azienda; banche, assicurazioni, sedi preposte alla direzione ed organizzazione di enti e società fornitrici di servizi, centri di ricerca,fiere, uffici privati e studi professionali in genere;
C) commerciale: all’ingrosso, negozi di vicinato, media distribuzione, le attività commerciali di grande distribuzione, le attività commerciali all’ingrosso, i mercati, le esposizioni merceologiche e le attività di somministrazione di alimenti e bevande come ristoranti, bar, pub ecc;
D) agricola e funzioni connesse ai sensi di legge: produzione agraria, allevamento e forestazione, attività e servizi connessi e compatibili, campi coltivati, colture floro-vivaistiche, boschi, pascoli, abitazioni rurali, annessi agricoli e serre, costruzioni per allevamenti zootecnici, agriturismi, agri-campeggi.
E’ importante precisare che, nel caso che l’unità fosse interessata da diverse destinazioni d’uso, si assegna quella prevalente in termini di superficie utile. In pratica, se una unità è produttiva al 50,01% e commerciale al 49,09 % a commerciale, allora trattasi di immobile produttivo. Ovviamente, le due attività devono essere collegate. Se produci passate di pomodoro, non potrai vendere scarpe.
Arriviamo ad una definizione importante, che sarà fondamentale nel proseguo della lettura:
È cambio destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, ogni forma di utilizzo dell’immobile diversa da quella originaria, con o senza opere, che comporti il passaggio ad una diversa categoria funzionale, come sopra indicate. Se si resta all’interno della stessa categoria, non è un mutamento di tipo rilevante.
Non è immediato. Proviamo a fare un esempio: immagina di voler trasformare una abitazione in affittacamere. Avendo entrambi una destinazione residenziale, non si tratta di cambio rilevante. Viceversa, se volessimo trasformare un locale destinato al commercio all’ingrosso (destinazione industriale) in un centro sociale (direzionale) dovremmo porre in essere un cambio di destinazione d’uso rilevante.
Ora che conosciamo le categorie, arriviamo al punto centrale. Quando puoi mutare la destinazione:
Il cambio di destinazione d’uso è sempre ammesso a meno che:
Ora, per proseguire, occorre aprire una parentesi. Gli interventi edilizi si classificano in: manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e nuova costruzione. Ad esempio: sostituire le piastrelle del bagno ricade in manutenzione ordinaria, aprire una porta in un muro portante in manutenzione straordinaria etc..Il piano regolare indica il livello di intervento massimo realizzabile su un determinato immobile.
Facciamo un esempio: possiedi un edificio in centro storico, il PRG indica come intervento massimo la manutenzione straordinaria. Non potrai demolire e ricostruire l’edificio o mutare il cambio di destinazione d’uso, perché sono interventi ricadenti in una categoria di intervento superiore! Se il limite massimo consentito sul tuo immobile è la ristrutturazione edilizia o superiore, potrai porre in essere il cambio di destinazione d’uso.
A ognuno di questi interventi è associata una diversa pratica da consegnare in Comune. E per il cambio di destinazione d’uso?
Arriviamo al nostro caso:
Il cambio di destinazione d’uso, anche se attuato con lavori di modesta entità o senza opere, si configura come una ristrutturazione edilizia soggetta a Permesso di Costruire, in quanto, alla fine dell’intervento, l’organismo edilizio è diverso dal precedente. Il cambio d’uso, qualunque sia l’entità dei lavori, porta sempre alla ristrutturazione edilizia pesante.
Quindi, il cambio di destinazione d’uso ricade in RISTRUTTURAZIONE per cui occorre presentare in comune un Permesso a costruire. Questo, a meno che, il cambio avvenga nella stessa categoria (vedi sopra). Ad esempio, da pub a ristorante, per cui è possibile utilizzare la CILA Comunicazione Inizio Lavori Asseverata. Questo snellimento è stato introdotto dal DL Semplificazioni 2020.
Il cambio d’uso all’interno della stessa categoria è invece sempre ammesso.
Ad esempio, si potrà sempre trasformare un’affittacamere in abitazione, caratteristiche intrinseche permettendo.
Fino a questo momento, abbiamo parlato del cambio d’uso dal punto di vista urbanistico. Come accennato in precedenza, successivamente sarà necessario effettuare una comunicazione di variazione anche dal punto di vista catastale (aggiornamento). Tutto questo comporterà una modifica della rendita e della categoria, quindi differenti tasse da pagare (Imu, Tari, etc.)
Infine, prima di passare al nuovo utilizzo dell’immobile, bisognerà depositare al Comune il Certificato di Agibilità, a cui andranno allegati i certificati d’impianto etc. Quindi, per ottenere il passaggio, tutti gli impianti dovranno essere conformi alle normative in vigore.
Ma cominciamo a parlare di costi:
Quando si costruisce un nuovo edificio occorre pagare al Comune una quota della spesa che l’amministrazione ha investito in strade, acquedotti, fognature, illuminazione etc., attraverso i cosiddetti oneri urbanistici.
Il cambio destinazione uso ha per effetto il passaggio da una categoria ad un’altra. Ne segue un differente carico urbanistico (diversi consumo di acqua, di carico nella fognatura, di uso di parcheggi etc.).
Il cambio destinazione uso, anche se attuato senza opere edilizie, comporta l’obbligo di corrispondere al Comune gli oneri di urbanizzazione. In particolare, dovrai pagare la differenza tra quanto avresti dovuto corrispondere per la nuova destinazione e quello che hai già versato per la vecchia destinazione. Questo, solo nel caso in cui la nuova destinazione determini un aumento del carico urbanistico della zona.
Se in passato, per la destinazione attuale hai pagato 100 € in oneri, e con la nuova destinazione, in caso di nuova costruzione, avresti dovuto pagare 150 €, il comune ti chiederà solo la differenza, 50 €.
Quindi, qualora diminuissi il carico, potrebbe configurarsi un cambio di destinazione d’uso “gratuito”.
Quantizzare gli oneri di urbanizzazione è difficile, in quanto, dipende dal tipo di mutazione e dal Comune. Anche in questo caso, ogni Comune ha i suoi criteri!
Ma quanto tempo ci vuole:
Per quanto riguarda le fasi, il primo passo da intraprendere è contattare un professionista, il quale dovrà ritirare i documenti relativi all’immobile depositati presso gli archivi comunali: vecchi permessi a costruire, concessioni, SCIA, agibilità etc.
Per far questo, il professionista procederà con una richiesta di visura delle pratiche. Il comune di Roma, ad esempio, fissa un appuntamento entro un mese dalla richiesta. Da questi documenti si potrà ricavare lo stato legittimo (ultima planimetria comunicata) e dopo il rilievo, il professionista verificherà la regolarità urbanistica e quindi, l’assenza di abusi.
Una volta fatto ciò, passerà alla verifica dei requisiti igienico-sanitari dell’intervento e all’eventuale progettazione degli spazi. Infine, compilerà il Permesso a Costruire.
Nel giro di un paio di mesi, si potrà presentare la pratica urbanistica.
I tempi sono dovuti più che altro al reperimento dei documenti dell’immobile presso l’archivio comunale.
La pratica per il cambio di destinazione d’uso prevede, inoltre, che gli impianti siano tutti a norma e dotati di regolare certificato di conformità.
Per concludere, parliamo dell’aspetto economico:
Le variabili sono molteplici e riuscire a generalizzare e quantizzare un costo è davvero difficile. Quello che posso fare è fornirti un elenco delle diverse voci di spese:
Per capire meglio quali saranno le spese a cui potresti andare in contro, facciamo un esempio. Immagiamo di acquistare un magazzino a piano terra di circa 50 metri quadrati e di volerlo trasformare in negozio. Abbiamo fatto controllare i piani e i regolamenti locali. Il professionista, dopo un’attenta analisi, richiede il cambio di destinazione d’uso.
A questo punto, tutti gli impianti dovranno essere a norma. Spenderemo circa 6.000 € per l’impianto elettrico, ulteriori 6.000 € per realizzare un bagno, ulteriori 3.000 € per fosse biologiche e degrassatore, per demolire e pavimentare tutto 6.000 €, altri 12.000 € per l’impianto di riscaldamento e condizionamento, oltre eventuali spese per tramezzi e tinteggiatura ( a forfait 7.000 €). Insomma, con circa 800 € al metro quadro dovremmo cavarcela. Arriviamo a circa 40.000 €. La parcella dei professionisti si aggirerà intorno al 12 / 15 %, quindi 5.000 €. Andiamo ad aggiungere ulteriori 5.000 € di oneri (1000 € per 5). In totale spenderemo circa 50.000 €.
LAVORAZIONI DELL’ESEMPIO | COSTO |
Lavori edili ed impiantistici | 40.000 € |
Parcella professionisti | 5.000 € |
Oneri di urbanizzazione | 5.000 € |
TOTALE | 50.000 € |
Come avrete notato nell’esempio, la maggior parte dei costi è relativa a lavori edili e impiantistici. Qualora dovessi realizzare un cambio di destinazione d’uso senza opere e gli impianti fossero a norma o certificabili, risparmieresti circa l’80%.
A prescindere, i costi edili ed impiantistici possono essere detratti tramite i bonus dell’Agenzia delle Entrate.
La sede dello studio è a Roma. Consideriamo anche commesse in tutta Italia. Potrai ottenere un preventivo via mail a info@studiosdl.it, oppure, contattandoci via telefono al 391 400 75 73.
2 commenti. Nuovo commento
è possibile cambiare la destinazione d’uso di un garage in unità abitativa ? Es. Tavernetta Se si, come fare la pratica e a chi rivolgersi
Buongiorno Sig.ra Bruni, grazie per aver commentato
in linea generale i cambi di destinazione d’uso sono vincolati dalle NTA ( Norme Tecniche di Attuazione ) che variano a seconda delle zone in cui è sito l’immobile, inoltre, In molti casi al momento della costruzione dello stabile viene stabilita una clausola che vincola la destinazione catastale delle unità al piano seminterrato.
Alla luce di quanto detto per stabilire se l’intervento è fattibile o meno bisognerebbe verificare le sopracitate condizioni, nel caso in cui l’intervento fosse possibile si potrebbe procedere con una pratica SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività)