Cila e dichiarazione di inefficacia: il Tar si è soffermato diverse volte sui poteri della Pubblica Amministrazione in termini di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio con particolare riguardo alla Cila.
Trattiamo un argomento molto delicato che mette sempre contro professionisti e uffici tecnici: la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) e le valutazioni della pubblica amministrazione. Un tema che si intreccia col formalismo degli atti conseguenti alla presentazione della Cila per i quali spesso di utilizzano impropriamente termini come accettazione o rigetto.
Sulla Cila e il potere-dovere di vigilanza della Pubblica Amministrazione è recentemente intervenuto il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia con la sentenza n. 462/2022 che si unisce alla pletora di decisioni del giudice amministrativo tra le quali ricordiamo:
L’ultimo intervento del TAR lombardo risponde al rilievo ricorrente basato sull’infondatezza dell’operato della pubblica amministrazione che avrebbe utilizzato un potere non tipizzato nel dichiarare inefficace la Cila in sanatoria.
Prima di passare al tema di questo approfondimento, fermiamoci ad analizzare le parole utilizzate dal ricorrente “Cila in sanatoria” sulle quali in realtà il TAR per la Lombardia non fa alcun rilievo.
Chiariamolo subito, all’interno del d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia) non esiste la Cila in sanatoria. L’art. 6-bis del Testo Unico Edilizia, oltre a definire quali sono gli interventi soggetti a Cila (ovvero quelli non riconducibili all’elenco di cui agli articoli 6, 10 e 22), chiarisce anche cosa accade in caso di intervento realizzato in assenza.
Il caso degli interventi realizzati in assenza di Cila non è tipizzato come “abuso edilizio”. La norma lo dice chiaramente affermando che “La mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l’intervento è in corso di esecuzione“. Quella che volgarmente è chiamata come Cila Tardiva che non sana un abuso edilizio ma sanziona solo una mancanza amministrativa.
Molto semplicemente, se l’intervento va in Cila non potrà mai essere un “abuso edilizio”, al più si potrà applicare una sanzione amministrativa ma non una penale.
Andiamo adesso sui poteri repressivi della P.A. Il Tar lombardo conferma che le peculiarità giuridiche della Cila non precludono all’amministrazione l’esercizio degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori, implicitamente previsti dall’art. 6 bis DPR n. 360/01, nel caso in cui l’attività libera non coincida con l’attività ammessa.
In questo caso la P.A. fa legittima applicazione del potere che ad esso compete in termini di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio. Potere che non necessita di comparazione degli interessi privati coinvolti né alcun affidamento del privato, meritevole di tutela, al mantenimento delle opere abusive per effetto del decorso del tempo.
La dichiarazione di inefficacia della Cila non è altro che l’esplicazione del potere di repressione degli abusi edilizi. In materia di repressione degli abusi, l’omissione delle garanzie procedimentali è ininfluente, avuto riguardo alla natura vincolata del provvedimento demolitorio degli abusi edilizi e alla correlativa insussistenza di elementi tali da far ritenere che l’apporto del privato avrebbe potuto condurre ad un esito diverso.
Considerazioni analoghe sono arrivate dalla citata sentenza del Tar Lazio che, citando l’orientamento del Consiglio di Stato, ha precisato che:
Considerazioni interessanti sono arrivate anche dalla citata sentenza del Tar per la Calabria. In questo intervento, i giudici hanno chiarito che la Cila inoltrata dal privato alla p.a. non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento da parte dell’amministrazione comunale ma, al contempo, a quest’ultima non è precluso il potere di controllare la conformità dell’immobile oggetto di Cila alle prescrizioni vigenti in materia.
Ne deriva che il provvedimento di diniego della Cila adottato dalla amministrazione è nullo ai sensi dell’art. 21-septies, L. n. 241/1990, poiché espressivo di un potere non tipizzato nell’art. 6-bis D.P.R. n. 380/2001, salva e impregiudicata l’attività di vigilanza contro gli abusi e l’esercizio della correlata potestà repressiva dell’Ente territoriale.
A seguito della lettura delle richiamate sentenze, occorre porsi alcune domande e arrivare a risposte in linea con la giurisprudenza:
Esiste però una domanda che andrebbe ben approfondita: la P.A. può dichiarare l’inefficacia di una Cila per mancanza documentale? La domanda non è affatto banale perché non sono pochi i casi in cui la Cila, a cui obbligatoriamente vanno allegati dei documenti, viene dichiarata “irricevibile” o “inefficace” (anche questi termini formali non previsti dalla normativa edilizia) da parte dello Sportello Unico Edilizia.
Tra i documenti da allegare “obbligatoriamente” alla Cila ci sono, ad esempio, gli elaborati grafici dello stato di fatto e di progetto. Cosa accade se chi presenta la Cila “dimentica” di allegarli oppure li presenta in formati o modalità che non consentano ai tecnici della P.A. l’esame della comunicazione? In questo caso si procede in ordine sparso. Non esistono procedure né formati stabiliti per la presentazione della documentazione. Tutto è rimesso nelle mani e nella testa di chi esamina la pratica o di chi decide le procedure al SUE (spesso con più dubbi di chi presenta le pratiche).
Diciamo che nell’ottica di un sano rapporto di collaborazione, la pubblica amministrazione dovrebbe limitarsi a valutare le condizioni per poter esaminare la pratica edilizia e al contempo il tecnico dovrebbe farsi parte diligente fornendo tutto il materiale necessario e conforme alle ultime tecnologie (p.s. non dovrebbe esistere presentare una planimetria fatta su “carta da formaggio”…).
Personalmente riteniamo che, al pari dei lavori pubblici, nel caso di mancanze di natura documentale nella Cila dovrebbe esistere una sorta di soccorso istruttorio in cui i lavori dovrebbero essere sospesi e dovrebbe essere fissata una scadenza per presentare la documentazione eventualmente necessaria per valutare l’intervento. Superato questo tempo (almeno 30 giorni) se la documentazione viene fornita si possono riavviare i lavori, in caso contrario la Cila dovrebbe essere dichiarata inefficace. Alla dichiarazione di inefficacia della Cila postulerebbero altri 3 eventi distinti: