Delucidazioni e consigli per chi sta valutando di comprare un immobile con condono o con domanda di condono “aperta”.
La cosa presenta spesso dei rischi e dei risvolti di cui non tutti sono a conoscenza. Anzitutto, dobbiamo distinguere due casi, quando parliamo di immobili soggetti a condono:
Il caso 1 è più semplice da trattare: significa che da qualche parte il proprietario avrà un documento chiamato “concessione edilizia in sanatoria” rilasciata per un certo quantitativo di metri quadri di nuova superficie.
Anzitutto è bene chiarire che non c’è un tempo minimo od un tempo massimo dopo il quale viene rilasciata la concessione: ci sono condoni presentati nel 2003 che già hanno la concessione ed altri del 1985 che ancora non ce l’hanno. Ciò dipende da alcuni fattori e poi vedremo quali sono.
Se esiste la concessione, non c’è (quasi) nulla di cui preoccuparsi: il Comune ha infatti autorizzato il nuovo uso o il nuovo volume per cui fu chiesto il condono e quindi è tutto perfettamente legale; inoltre, il rilascio della concessione si esegue soltanto dopo aver saldato tutti gli oneri richiesti dall’amministrazione, quindi non ci sarà più nulla da pagare.
Rimane in sospeso una questione di fondo: la concessione viene sempre rilasciata “fatti salvi i diritti di terzi”, il che significa, per esempio, che se avete fatto delle opere che in qualche modo danneggiano qualcun’altro (p.e. creazione di un volume che va a ridurre i parametri finestra di altri edifici, oppure se abbiamo modificato la facciata di un condominio senza chiedere l’autorizzazione, e cose del genere) il fatto non viene “cancellato” dal rilascio della concessione, ed in alcuni casi più gravi di violazione di diritti di terzi si potrebbe addirittura arrivare a dover demolire la superfetazione, pur con la concessione rilasciata (ma sono casi limite).
Considerate che, comunque, l’iter amministrativo del condono non si conclude con il rilascio della concessione (che comunque potremmo dire che è la cosa più importante), ma che dopo la concessione bisognerebbe fare richiesta per il rilascio del certificato di agibilità.
L’agibilità per legge sarebbe obbligatoria per poter vendere un immobile, ma la magistratura ha invece in più casi confermato come valide tutte le compravendite effettuate di immobili privi di certificato di agibilità (contraddizioni di un paese – ed una burocrazia – alla deriva). Riteniamo comunque un inutile procedura, quella dell’agibilità in generale ma in particolare quella successiva ad una concessione: in pratica si tratta di ripresentare in copia tutte cose già in possesso dell’amministrazione, più una relazione asseverata in cui il tecnico ri-dichiara quello che già era scritto nel condono…un inutile doppio insomma (l’unica differenza sostanziale tra concessione ed agibilità potrebbe essere individuata nel fatto che la concessione può essere rilasciata anche per superfici con altezza inferiore a 1,8mt [p.e. soppalchi abusivi], mentre tali superfici non possono essere rese “agibili”).
Se volete comprare un immobile con condono e dormire sonni tranquilli, comunque, è opportuno pretendere (è vostro diritto sancito dalla legge) che venga rilasciata l’agibilità prima di procedere al rogito. L’agibilità di un immobile condonato è sempre di competenza dell’ufficio condono (o quantomeno così funziona nel comune di Roma).
Un piccolo tip per il comune di Roma: se avere un immobile con l’agibilità di condono già rilasciata ed eseguite lavori per cui sarebbe necessario il rinnovo di detto certificato, sappiate che tecnicamente non si può ancora fare. Il Comune difatti si trova in una sorta di “vuoto normativo” che i dirigenti del dipartimento non hanno ancora trovato il “tempo” di affrontare.
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Il caso 2 è ovviamente più complesso e delicato. E’ il caso in cui si è depositata la richiesta di condono edilizio a norma di una delle tre leggi nazionali ma non è ancora stata rilasciata la concessione in sanatoria. Acquistare un immobile con condono “in sospeso” significa assumersi dei rischi non indifferenti: finché il Comune non rilascia la concessione in sanatoria di fatto l’abuso rimane abusivo, e l’ordinanza di demolizione viene solo “sospesa” finché non viene istruita la pratica.
Se acquistate un immobile con condono in attesa di concessione, quindi, equivale a comprare un qualcosa che è in bilico tra “la vita e la morte”, perché il condono può essere anche rifiutato. Tutte le leggi che hanno disciplinato i condoni edilizi, però, contengono delle norme che lascerebbero intendere che le domande possono beneficiare di una sorta di silenzio-assenso, anche se non viene chiamato espressamente così.
In tutte e tre le leggi, difatti, è sempre indicato che le domande che siano complete di tutta la documentazione e con tutti i pagamenti effettuati sono da considerasi come acquisite, salvo, però, dimostrazione che in effetti mancava qualcosa: qualunque anche insignificante omissione o insufficiente pagamento fa decadere l’acquisizione tacita della domanda, ed è per questo che è sempre necessario attendere la definizione della domanda da parte del Comune. Infatti solo una volta stabilito che non vi sono sospesi e che la domanda è effettivamente completa si può ritenere il condono acquisito in base al solo trascorrere del tempo.
Ovviamente l’immobile può comunque essere compravenduto, ma si rischia di comprare – e quindi pagare per – un bene che domani potrebbe essere demolito per ordinanza del comune a seguito di rifiuto del condono, e a nulla vale la dichiarazione nell’atto di rogito in cui verrà indicato che non vi sono motivi ostativi al rilascio del condono, perché quella dichiarazione, resa tra le parti private, non coinvolge in nessun caso l’Amministrazione che quindi non è vincolata al rilascio della concessione.
Questo aspetto è stato citato, tra le altre, nella sentenza TAR Lazio n°2485/2020. All’atto di presentazione della domanda di condono le pratiche venivano semplicemente guardate solo per quello che riguarda la regolarità nella compilazione del modulo e degli allegati, ma non veniva emesso nessun parete preventivo circa l’approvabilità o meno della concessione.
Emblematico è il caso di un isola delle Eolie il cui ufficio tecnico è zeppo di domande di condono le quali sono tutte da rigettare perché tutta l’isola, essendo soggetta a vincolo paesaggistico, è territorio tutelato ed escluso dall’applicabilità del condono. Tuttavia, i rischi sono correlati ovviamente a cosa è oggetto di condono: se stiamo comprando un immobile di 150mq in cui c’è una verandina di 3mq con il condono in sospeso, l’eventuale rigetto della domanda di condono ovviamente sarà applicata solo ai 3mq di veranda, e nulla accadrà ai restanti 150mq di casa.
Stesso discorso si potrebbe fare per un appartamento in cui sono stati realizzati dei soppalchi: se il condono venisse rifiutato, solo i soppalchi sarebbero oggetto di demolizione, e la superficie abitabile originaria rimarrebbe tale (ovviamente senza soppalchi). Se invece acquistate per esempio un ex locale lavatoio riconvertito ad abitazione con richiesta di condono, rischiate di aver pagato un lavatoio per una abitazione nel caso in cui il condono venga rigettato, perché quell’ambiente tornerebbe ad essere il lavatoio che era in origine. Stesso discorso per i cambi di destinazione d’uso o per gli immobili completamente abusivi.
Ok, ma l’immobile vi piace proprio così tanto che avete deciso di comprarlo ugualmente: cosa fare? Partendo dal presupposto che è fortemente sconsigliato acquistare un immobile con la domanda in sospeso. Le pratiche di condono non ancora evase possono essere sollecitate (anzi, praticamente l’ufficio condono di Roma lavora solamente sulle pratiche sollecitate: quelle non sollecitate di fatto non le lavora nessuno).
I casi in cui è possibile sollecitare la domanda sono pochissimi, ma fra questi vi è l’imminente vendita dell’immobile. Se, dunque, volete acquistare l’immobile potete pretendere (è vostro diritto di legge, sempre) che il proprietario – o anche il vostro notaio – presenti domanda di sollecito della pratica di condono e, nel frattempo, firmare un compromesso di vendita con la clausola paticolare di rogitare solo dopo l’emissione della concessione in sanatoria. Per come funziona a Roma, per pratiche non molto complesse nel giro di un paio di mesi potreste avere la vostra concessione in sanatoria e quindi rogitare serenamente (o ancora meglio sarebbe fare anche l’agibilità, dopo aver ottenuto la concessione). Pratiche più complesse, per esempio per immobili con vincoli o pratiche cui manca qualche pezzo, i tempi possono dilatarsi per via delle integrazioni necessarie prima del rilascio. Al momento di ritirare la concessione, poi, il proprietario attuale dovrà versare gli oneri residui: è infatti prassi normale che al momento del deposito della pratica vengano pagati solo una parte degli oneri. Il saldo finale può essere anche molto salato, a seconda del tipo di abuso e della legge secondo la quale è stato chiesto il condono, ed è più che giusto che tale saldo venga per intero pagato da chi vi sta vendendo l’immobile.
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Acquistare senza la concessione, tra le altre cose, significa di fatto diventare esecutori dell’abuso: una volta venduto l’immobile, infatti, diventate proprietari anche dell’abuso edilizio commesso, con tutte le eventuali sanzioni – civili e penali – che comporterebbe il rifiuto della concessione e la conseguente intimazione di demolizione o di ripristino dello stato dei luoghi.
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Non partite dal presupposto che il condono venga accettato: sono state rifiutate concessioni anche per semplici vizi procedurali o ritardi nella presentazione di documenti richiesti dall’ufficio condono.
Ricordate inoltre che i vincoli paesaggistici e dei beni culturali precludono la possibilità di ottenere la concessione per alcune tipologie di condono se le domande sono depositate ai sensi del DL 236/2003 (terzo condono) nel Lazio, a differenza dei due condoni precedenti in cui era possibile ottenerla: dunque esistono dei condoni la cui domanda risulta correttamente depositata, ma che possono essere da intendersi come destinati a rigetto sicuro, perché incompatibili con la normativa. Si faccia riferimento direttamente al dettame normativo (art. 32 comma 26 del DL citato) ed anche alle sentenze sul tema (tra le ultime, TAR Lazio sent. sez. 2 bis n°2743/2020).
Parlando sempre della casistica 2, può capitare di acquisire nelle aste per le esecuzioni immobiliari degli immobili che sono all’interno di una domanda di condono la quale ricomprende più di una unità.
E’ il caso per esempio di immobili che sono stati oggetto di frazionamento, per la quale la domanda è una unica, ma che ha prodotto due immobili i quali certamente andranno all’asta in due lotti distinti, e dunque è altamente probabile che queste due unità immobiliari avranno un proprietario differente a seguito dell’asta oppure, ancora peggio, che venga acquisito un solo immobile dei due all’asta, rimanendo l’altro in proprietà all’esecutato. In questi delicati casi, l’ufficio condono di Roma generalmente consente di poter sollecitare la domanda per portarla a definizione anche solo per una sola delle unità coinvolte.
Ancora due parole sulle esecuzioni immobiliari sempre nel caso 2: considerate che le domande non definite hanno certamente delle somme sospese, e non sempre queste somme sono correttamente riportate nelle perizie dei CTU. Se siete interessati ad un immobile all’asta con condono non definito, sarebbe bene andare all’ufficio condono a chiedere informazioni sul fascicolo per avere contezza delle somme.
Vale la pena spendere altre due righe per la casistica delle aste immobiliari: se acquisite all’asta un immobile che ha degli abusi edilizi ma per i quali non è stata chiesta nessuna domanda di condono (o per le quali sono state presentate domande di condono ma solo per una parte degli abusi), avete facoltà di presentare una nuova domanda di condono, quindi anche oltre i termini di legge, entro 120 giorni dal decreto di trasferimento, purché le ragioni del credito per le quali l’immobile è stato portato all’asta risalgano a prima del 2003, anno di entrata in vigore dell’ultima legge sul condono edilizio. Il riferimento normativo per questa procedura è l’art. 40 comma 6 della L. 47/85.
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Giusto per tornare brevemente sul tema del “silenzio-assenso” (che le norme non chiamano così, infatti è un istituto giuridico differente), è bene ribadire che questo si acquisisce solo laddove le domande sono effettivamente complete, l’abuso risulta sanabile secondo i termini di legge, e le oblazioni risultano pagate secondo gli importi corretti. Insomma è una fattispecie di “silenzio-assenso” del tutto sui generis, in cui anche la minima virgola fuori posto può far decadere il requisito: è per questo che, di fatto, questo concetto del silenzio-assenso nei condoni è di fatto inesistente, poiché una domanda “perfetta” di fatto non esiste. Per approfondire, ecco i riferimenti alla maturazione del silenzio in ciascuna norma: