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Condono edilizio in zona vincolata: cosa c’è da sapere 

24 Febbraio 2022Davide Gulino
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Quando è possibile richiedere un condono edilizio in una zona vincolata? Ecco la risposta del Consiglio di Stato.

Abusi edilizi in zona vincolata: difficile che essi siano sanabili, a maggior ragione se la richiesta viene presentata ai sensi di quanto previsto dal D.L. n. 269/2003, convertito con modifiche dalla legge n. 326/2003, conosciuto anche come “Terzo Condono Edilizio”.

Condono in zona vincolata: la sentenza del Consiglio di Stato

Condono in zona vincolata: la sentenza del Consiglio di Stato

È questo il tema della sentenza n. 314/2022 del Consiglio di Stato, Sesta Sezione, inerente il ricorso contro il diniego di condono edilizio per la realizzazione di un’abitazione e di una tettoia abusiva, costruite in zona sottoposta a vincolo di salvaguardia ambientale e a vincolo paesaggistico ex legge n. 1497/1939 e legge regionale 6 luglio 1998 n. 24.

L’istanza di condono è stata presentata ai sensi dell’art. 32, co. 25 del D.L. n. 30 settembre 2003 n. 269 (conv. modif. dalla l. 24 novembre 2003 n. 326 – Terzo Condono Edilizio), che prevede che “le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.

La domanda è stata respinta in quanto relativa ad opera non suscettibile di sanatoria ai sensi del combinato disposto dell’art. 32, co. 27, lett. d) del DL 269/2003 e dell’art. 3 della l. reg. Laz. 8 novembre 2004 n. 12, essendo l’opera in questione realizzata in violazione delle norme urbanistiche di zona, con eccesso di superficie e di cubatura massime assentibili e in area soggetta a vincolo paesaggistico.

Da qui il ricorso per illegittima applicazione dei vincoli d’inedificabilità assoluta di natura regionale e statale, per un’area già edificata e compromessa.

Sanatoria in area vincolata: differenza tra le leggi sul condono 

Sanatoria in area vincolata: differenza tra le leggi sul condono 

Già il TAR aveva respinto integralmente il ricorso, in quanto:

  • il manufatto abusivo è stato edificato in contrasto con la destinazione urbanistica di zona e in misura eccedente ai relativi limiti;
  • il comma 27 dell’art. 32, lett. a) del DL 269/2003 non consentiva, fermo quanto previsto dagli art. 32 e 33 della l. 28 febbraio 1985 n. 47, la sanatoria di opere edili non autorizzate e realizzate su immobili soggetti a vincoli istituiti prima dell’esecuzione di esse, ove queste non fossero conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;

Ed è proprio questa condizione la novità rispetto alle precedenti leggi sul condono edilizio e su cui si fonda il giudizio del Consiglio di Stato.

Palazzo Spada ha infatti sottolineato che l’art. 32, co. 27, lett. d) del DL 269/2003 stabilisce forti limitazioni alla sanatoria di nuove opere. Esso in particolare dispone che “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora (…) d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;”.

Inoltre anche la Corte Costituzionale ha ribadito che la normativa del “terzo” condono, pur facendo salve le previsioni degli artt. 32 e 33 della l. 47/1985, si caratterizza per un ambito oggettivo più circoscritto: mentre prima il diniego in caso di zona vincolata sottostava al parere negativo dell’Autorità preposta alla loro tutela, con la legge n. 326/2003 l’effetto preclusivo discende direttamente dalla norma.

Per altro, il “terzo” condono ha reso irrilevante la distinzione tra vincoli d’inedificabilità relativa e quelli assoluti (propri appunto del sistema ex artt. 32 e 33 della l. 47/1985) a fronte del vulnus arrecato ai beni paesaggistici con la realizzazione di opere edili abusive ed in violazione di norme urbanistiche di zona. Non conta quindi l’intervenuta o tollerata compromissione parziale dell’area soggetta a vincoli paesaggistici, perché la legge stabilisce dei limiti tali da evitare ulteriori violazioni dei vincoli stessi.

Il ricorso è stato quindi respinto in ogni sua parte, confermando il vincolo di inedificabilità ai sensi dell’art. 32, comma 27, lettera d) della legge n. 326/2003.

Leggi anche: Pergolato e tettoia: le differenze! La Cassazione fa chiarezza

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