La Dichiarazione di Inizio Attività (D.I.A.) è una procedura amministrativa, disciplinata dagli articoli 22 e 23 del Testo Unico dell’Edilizia, il d.p.r. 380 del 2001, ma la sua origine si deve ricondurre all’art. 26 della legge 47/85.
La DIA è stata introdotta per snellire le pratiche burocratiche necessarie per realizzare alcuni interventi edilizi.
Ciò è stato possibile, di fatto, responsabilizzando maggiormente il committente e soprattutto il tecnico.
Infatti, la pratica prevede la redazione da parte del progettista di una relazione tecnica asseverata, con la quale egli attesta la rispondenza degli interventi da realizzare alla strumentazione urbanistica locale e alle norme vigenti in materia edilizia, assumendosene le responsabilità, anche dal punto di vista penale.
La relazione deve asseverare la rispondenza alle norme di carattere tecnico, igienico sanitario, di sicurezza, di isolamento termico, ecc., nonché al regolamento edilizio e al piano regolatore.
L’iter prevede, oltre a tale relazione asseverata, che il tecnico abilitato incaricato (architetto, ingegnere o geometra), presenti anche tutti gli elaborati grafici e descrittivi necessari a rappresentare sia lo stato attuale che il progetto previsto, con le opere da realizzare.
La richiesta deve essere corredata del nominativo della ditta che eseguirà i lavori.
L’asseverazione, introdotta proprio con la Dia, è oggi parte determinante di tutte le procedure vigenti, Cila, Scia e Permesso di Costruire.
Inizialmente concepita per realizzare le cosiddette opere interne, l’ambito disciplinare della Dichiarazione di Inizio Attività è stato poi ampliato in maniera più generale a tutti gli interventi previsti dall’art. 6 del Testo Unico, quindi quelli di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione, comprendendo tra questi anche quelli di demolizione e ricostruzione di un edificio con la medesima sagoma e volume.
Le modifiche normative alla definizione di ristrutturazione hanno poi permesso di utilizzare la Dia anche per interventi di demolizione e ricostruzione con sagoma diversa dell’edificio esistente.
Infatti, il cosiddetto “decreto del Fare” ha di fatto eliminato la parola “sagoma” da tale definizione.
A partire dal 2010, con l’introduzione di procedure ancora più snelle come la Scia e la Cil, l’utilizzo della Dichiarazione di Inizio Attività si è progressivamente ridotto.
Infatti, gli interventi realizzabili in precedenza con la Dia sono invece oggi attuabili con Cila o Scia.
Quest’ultima, anzi, ha in pratica sostituito la Dia nella definizione contenuta nell’art. 22 del T.U.
La Dia permane invece come procedura alternativa al Permesso di Costruire, unicamente nei seguenti casi:
Si tratta insomma di quella che nel linguaggio comune è nota come super DIA.
Trascorsi 30 giorni dalla presentazione allo Sportello Unico del Comune, si può dare inizio all’esecuzione dei lavori.
Il Comune può però intervenire durante questo periodo per chiedere un’integrazione o sospendere la richiesta se la ritiene contrastante con le normi vigenti.
Inoltre, se per l’intervento sono richiesti preliminari atti di assenso (come autorizzazione paesaggistica, nulla osta della soprintendenza, ecc.), si potrà dare inizio ai lavori solo dopo averli ottenuti.
Al termine dei lavori, il direttore dei lavori deve presentare un certificato di collaudo nel quale attesta che le opere sono state realizzate in maniera conforme al progetto presentato.
La fine lavori deve essere accompagnata dalla ricevuta di avvenuta presentazione di variazione catastale o dalla dichiarazione del tecnico che gli interventi eseguiti non hanno comportato modifica del classamento catastale e, pertanto, tale variazione non è necessaria.
Naturalmente, se si realizzano interventi per i quali è necessaria la Dichiarazione di Inizio Attività senza aver presentato la denuncia, se si realizzano opere in difformità da quanto previsto dal progetto o si eseguono opere per le quali sarebbe necessario un titolo diverso, si commette un abuso edilizio.
Le sanzioni sono in tal caso commisurate all’illecito commesso.
Nel semplice caso in cui si siano realizzate le opere senza il relativo titolo autorizzativo, si può ricorrere all’accertamento di conformità, conosciuto anche come Scia in sanatoria.
Si tratta in pratica di presentare il progetto a posteriori, con il pagamento di una sanzione pecuniaria di importo minimo pari a 516 euro.
E’ necessario, però, che sia verificata la cosiddetta doppia conformità: gli interventi, cioè, devono essere conformi contemporaneamente sia alle norme vigenti al momento in cui si è commesso l’abuso, sia a quelle vigenti al momento della presentazione della sanatoria, che potrebbero essere nel frattempo cambiate.