Diritto di abitazione coniuge superstite: cosa c’è da sapere?
La casa coniugale che viene trasferita quando uno dei due coniugi decede è sempre un affare delicato.
Su di essa, infatti, si esercitano vari diritti …
Già prima dell’avvento della dichiarazione di successione telematica, molti notai e professionisti del settore tutelavano questo diritto nel trasferimento mortis causa della casa coniugale. In genere, nella successione del coniuge deceduto subentra il coniuge superstite che continua ad abitare quell’immobile. Questo trasferimento, si sa, rileva anche fiscalmente; quindi il coniuge che rimane nell’abitazione è tenuto a versare le imposte relativamente all’intero valore o a una quota dell’immobile ereditato.
Proprio questo fatto rappresenta il punto cruciale di tutta la questione: riuscire a determinare correttamente il reale valore trasferito dell’immobile che costituisce l’imponibile su cui versare le imposte. In questo tipo di gestione convergono, come al solito, aspetti giuridici e aspetti fiscali da questi derivanti.
La casa coniugale che viene trasferita quando uno dei due coniugi decede è sempre un affare delicato. Su di essa, infatti, si esercitano vari diritti tutti derivanti da diversi aspetti e situazioni giuridiche. Primo fra tutti il “regime coniugale” esistente tra i coniugi in vita, che può essere:
Il divorzio o la morte di uno dei coniugi scioglie comunque l’eventuale “comunione” preesistente. Il patrimonio, eventualmente posseduto precedentemente dai due in regime di comunione, viene scisso in due parti e la parte spettante al coniuge deceduto è quella che cade in successione. Il patrimonio, invece, già eventualmente posseduto in regime di separazione dal coniuge che decede per primo, rappresenta i beni che cadono in successione in questo secondo caso. Con la morte di uno dei due, quindi, si configura sempre il caso del patrimonio separato.
Ora potrebbe capitare che nel patrimonio trasferito al coniuge superstite ci sia anche la casa coniugale. L’immobile, cioè, in cui i due avevano vissuto durante il loro matrimonio e che, nella stragrande maggioranza dei casi, rappresenta l’unico immobile trasferito.
Questo particolare diritto che l’istituto del matrimonio conferisce al coniuge superstite su questo specifico immobile rappresenta una parte di valore del bene che non viene trasferita per causa di morte in quanto derivante, appunto, dal matrimonio.
Il valore imponibile da considerare a base delle imposte da versare deve essere calcolato innanzitutto in riferimento all’intero o a una quota del bene che cade in successione (dipende se il coniuge deceduto era titolare esclusivo o in quota dei diritti immobiliari sullo stesso) comunque, in entrambi i casi, al netto del valore del diritto di abitazione del coniuge. Allora, a questo punto, come determinare esattamente questo valore? Il diritto di proprietà, come risaputo, è un diritto composto da:
Il diritto di abitazione è equivalente, come visto, all’usufrutto. Il valore imponibile da considerare per il trasferimento corrisponde, quindi, al valore della nuda proprietà.
Per pervenire al corretto valore della nuda proprietà bisogna effettuare il calcolo tenendo conto dell’età di chi esercita il diritto d’uso sul bene: in questo caso il coniuge superstite. Il valore da assoggettare alle imposte è proprio quello della nuda proprietà, mentre al coniuge superstite si trasferisce il diritto di proprietà.
Nella dichiarazione di successione, che serve appunto a pagare effettivamente queste imposte, bisogna indicare e spiegare la modalità operativa di calcolo eseguita per pervenire a questi risultati:
Nell’esempio sopra esposto risulta evidente il risparmio di imposte ottenuto con questo tipo di gestione che, per valore imponibile su cui applicare il 3% [imposte ipotecaria (2%) e catastale (1%)] si tiene conto del solo valore di:
Decisamente un grande risparmio conseguito e una giusta salvaguardia dei diritti dei cittadini contribuenti.
Nella nuova dichiarazione di successione telematica questo tipo di gestione risulta semplificato dall’introduzione di codici di scelta specifici per definire benefici e agevolazioni di cui godono gli eredi. Soprattutto per la particolare condizione del coniuge superstite anche in merito all’agevolazione prima casa.
Come appare subito chiaro il coniuge superstite “rinunciatario” – quindi un soggetto che decide di non partecipare proprio all’eredità del coniuge deceduto – può, grazie al suo diritto di abitazione sulla casa coniugale, rimanere a vivere nell’immobile e scegliere di farlo sfruttando il beneficio “prima casa”. Ma se il coniuge superstite rinuncia all’eredità e il suo diritto di abitazione gli deriva dal matrimonio, non è tenuto al pagamento di alcuna imposta per questo, perché decide di sfruttare il beneficio “prima casa” sul proprio diritto di abitazione? Nella dichiarazione di successione può scegliere di beneficiare dell’agevolazione prima casa anche un solo detentore di quote e/o diritti su un bene immobile che viene trasferito a più aventi diritto. Nel caso in cui, evenienza questa assai diffusa, a essere chiamati alla successione siano il coniuge superstite e uno o più figli del de cuius, il bene viene trasferito per quote ai legittimi eredi. Ora, semmai il coniuge superstite rinunci all’eredità, il bene passerà al figlio o ai figli che decidono di accettare. Nell’esempio in trattazione, quindi, la “proprietà” del bene andrà esclusivamente agli eredi che non rinunceranno. Per i beni su cui si sceglie di beneficiare dell’agevolazione “prima casa” (si ribadisce che basta che uno solo degli aventi diritto lo faccia e vale per l’intero immobile), la norma fiscale prevede il pagamento delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (€ 200 + € 200) in luogo del tre per cento sul valore imponibile. In questo caso il figlio o i figli acquisteranno la proprietà dell’immobile, pagheranno solo i € 400 di minimi di imposte e, sull’eventuale acquisto futuro di un nuovo immobile, potranno beneficiare dell’agevolazione prima casa in quanto; in questa occasione, ha richiesto l’agevolazione il coniuge superstite e non loro.