Analisi delle caratteristiche degli interventi di sostituzione edilizia e degli elementi distintivi con gli interventi edilizi similari alla luce della più recente giurisprudenza.
Che cos’è la sostituzione edilizia? Il D.P.R. n. 380/2001, c.d. Testo Unico dell’Edilizia, non ne prevede una definizione. La lettura dell’articolo 3, dedicato proprio alle “Definizioni degli interventi edilizi” ne è una conferma. Questo intervento, presuppone la previa demolizione dell’esistente e la ricostruzione, sullo stesso posto, dello stesso immobile, che viene in tal modo ad essere “rinnovato” (con modifiche che consistono nel semplice incremento della dimensione entro i limiti sopraindicati).
In un recente caso trattato dai Giudici amministrativi laziali (sentenza n. 12760/2020) dei privati cittadini intendevano effettuare lavori di ampliamento, con demolizione e ricostruzione ai sensi dell’art. 4, comma 1, lettera b, della L.R. Lazio n. 21/2009 (c.d. Piano Casa). Per tale ragione avevano presentato una dichiarazione di inizio attività (DIA), dando poi avvio ai lavori dopo aver trasmesso al Comune la richiesta documentazione integrativa e dopo aver pagato gli oneri concessori secondo l’importo indicato dall’amministrazione comunale. Era successivamente acquisito il nulla osta idrogeologico (autorizzazione della Provincia di Viterbo) e il nulla osta antisismico (autorizzazione rilasciata dal Genio Civile);
Con segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) presentavano una variante di ubicazione – spostando l’intervento su una differente particella nel medesimo lotto- e apportavano modifiche prospettiche al progetto allegato alla DIA al fine di superare le problematiche relative al rispetto delle distanze prescritte dal PRG rappresentate dal Comune (che li aveva sollecitati ad acquisire l’autorizzazione del vicino ad edificare ad una distanza inferiore rispetto a quella prevista dal PRG; la richiesta era riscontrata dai ricorrenti secondo i quali non era necessario il consenso del confinante in quanto il Piano Casa consentiva di effettuare gli interventi edilizi in deroga alle previsioni del p.r.g. e dei regolamenti edilizi vigenti ed obbligava unicamente al rispetto delle distanze – oltre che le altezze – prescritte dagli artt. 8 e 9 del D.M. n. 1444/1968);
Con successiva SCIA, i privati apportavano ulteriori modifiche a quanto progettato.
Il successivo sopralluogo effettuato dai soggetti accertatori, aveva però rilevato delle gravi difformità tra quanto dichiarato in sede progettuale e quanto realizzato, cui era seguita l’ordinanza di demolizione impugnata.
I Giudici amministrativi, rilevano come il caso di specie avesse riguardato un immobile e un’area (quella agricola, almeno per gli edifici non residenziali) non ricomprese nel Piano Casa. Infatti, l’intervento edilizio aveva avuto ad oggetto un manufatto che originariamente presentava una destinazione di ricovero attrezzi, estraneo dunque a qualsiasi utilizzo residenziale.
Per tali ragioni e per le ampie dimensioni dell’intervento di ampliamento apportato dai privati interessati, considerato fuori dai limiti previsti dal Piano Casa, l’agire comunale è stato considerato legittimo.
Gli interventi di demolizione e ricostruzione con traslazione dell’area di sedime presuppongono sotto il profilo tecnico – oltre che sotto il profilo logico – la previa demolizione dell’immobile preesistente, necessaria per acquisire la disponibilità della volumetria da riedificare come si evince sia dalla disciplina generale dettata dall’art. 3, co. 1, del D.P.R. n. 380/2001.
In TAR Basilicata, n. 456/2020, si ribadisce che “Negli interventi di demolizione e ricostruzione (…) l’inizio dei lavori di ricostruzione è subordinato alla dimostrazione dell’avvenuta demolizione dell’edificio esistente”; precisando “che le aree di sedime e di pertinenza dell’edificio demolito devono rimanere libere da edificazione”.