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Tolleranze costruttive: calcolo dell’entità, contestualità e retroattività

13 Luglio 2022Davide Gulino
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Breve quadro giuridico delle “tolleranze costruttive” – lievi difformità dell’intervento edilizio dal titolo abilitativo che non costituiscono, tuttavia, illecito – con gli orientamenti della giurisprudenza su: modalità di calcolo dell’entità dello scostamento, requisito della contestualità e applicabilità retroattiva della norma.

Tolleranze costruttive dopo il D.L. 76/2020 

Tolleranze costruttive dopo il D.L. 76/2020 

L’art. 34-bis, comma 1, D.P.R. 380/2001 stabilisce che il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo.
In tali casi, secondo la norma, viene quindi neutralizzato il carattere abusivo dell’intervento ed escluso il potere sanzionatorio dell’amministrazione (c.d. sanatoria ex lege).

L’art. 34-bis in discorso è stato inserito nel Testo Unico dell’edilizia dal D.L. 76/2020, conv. dalla L. 120/2020 (c.d. D.L. Semplificazioni) e ripropone, al comma 1, quanto era previsto dal comma 2-ter (contestualmente abrogato dal medesimo D.L.) dell’art. 34, D.P.R. 380/2001 (inserito dall’art. 5 del D.L. n. 70/2011, conv. dalla L. 106/2011), con alcune modifiche che ne ampliano il campo di applicazione. In particolare infatti:

  • la disposizione si riferisce ora non solo alle ipotesi tipizzate di altezza, distacchi, cubatura e superficie coperta (come già previsto dal citato comma 2-ter), ma ad “ogni altro parametro” delle singole unità immobiliari;
  • il legislatore, avendo collocato la disciplina in un apposito nuovo articolo rubricato “Tolleranze costruttive” anziché (come era originariamente) nell’art. 34 – che riguarda specificatamente agli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire – sembrerebbe avere esteso, secondo una possibile interpretazione, la sua applicabilità anche ad interventi che non richiedono il permesso di costruire, ma sottoposti ad altri regimi abilitativi. Secondo tale interpretazione, dunque, sarebbe possibile “tollerare” le difformità contenute entro il limite del 2% poste in essere anche rispetto a pratiche edilizie “leggere” (es. legittimate da SCIA ovvero libere, ma soggette a CILA).

Sul tema, per la diversa fattispecie delle c.d. “tolleranze esecutive” e l’attestazione dello stato legittimo degli immobili di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 34-bis, D.P.R. 380/2001 leggi: Tolleranze costruttive ed esecutive: nuova disciplina difformità edilizie parziali.

Tolleranze costruttive: dubbi interpretativi e orientamenti giurisprudenziali

Tolleranze costruttive: dubbi interpretativi e orientamenti giurisprudenziali

La disciplina delle tolleranze ha dato adito a una serie di dubbi interpretativi per stabilire:

  1. le modalità di calcolo dell’entità dell’abuso con riguardo al limite del 2%;
  2. se la tolleranza possa riferirsi solo alle difformità contestuali alla realizzazione dell’intervento edilizio cui si riferisce il titolo abilitativo (c.d. requisito della contestualità), ovvero sia estensibile anche ad interventi successivi;
  3. se la norma si possa applicare anche alle difformità realizzate prima dell’entrata in vigore del suddetto D.L. 70/2011 che, per primo, ha inserito la disciplina delle tolleranze.

Tali questioni sono state affrontate dalla giurisprudenza con riferimento al previgente art. 34, comma 2-ter; tuttavia gli orientamenti espressi conservano la loro validità data, come già evidenziato, la sostanziale continuità della disciplina in discorso.

Calcolo dell’entità dell’abuso e applicazione del limite del 2%

Per quanto riguarda il primo profilo, la giurisprudenza ha affermato che la disposizione va interpretata nel senso che per stabilire se l’intervento rientri nel suddetto limite del 2% la percentuale di scostamento, ovvero l’entità dell’abuso, va posta in relazione con la porzione di immobile cui esso accede, e non con la superficie dell’intero palazzo (v. C. Stato 07/01/2021, n. 230; C. Stato 22/01/2018, n. 405). Diversamente si vanificherebbe il dato testuale della norma, finendo per rendere irrilevanti abusi che, invece, rapportati ai dati dimensionali della singola unità immobiliare sarebbero senz’altro superiori alla soglia del 2%. D’altro lato, è stato anche evidenziato che le difformità calcolate per singola unità immobiliare e non comportanti di per sé parziale difformità, potrebbero in alcune circostanze comportare difformità rilevanti dal punto di vista complessivo (cfr. C. Stato 09/09/2014, n. 4545, in un caso di violazioni relative all’altezza del fabbricato).

Leggi anche: Difformità Catastale: tutto quello che devi sapere

Contestualità dell’intervento

Per quanto concerne la necessità o meno – ai fini dell’applicazione della normativa sulle “tolleranze” – del fatto che lo scostamento si sia realizzato in occasione della esecuzione degli interventi assentiti (c.d. requisito della contestualità), la giurisprudenza non esprime un orientamento univoco. Ed infatti, secondo la sentenza del Consiglio di Stato 23/07/2018, n. 4504, per l’applicazione della tolleranza di cantiere non è necessario il requisito della contestualità tra la realizzazione del fabbricato e l’ampliamento contestato, non contenendo la norma alcun riferimento a limiti di carattere temporale. Inoltre, secondo tale pronuncia, il requisito non sembra coerente con la ratio della disposizione inserita dal D.L. 70/2011 (c.d. “Decreto sviluppo”), emanato allo scopo dichiarato di liberalizzare le costruzioni private, scopo con riguardo al quale pare congrua la previsione e applicazione di un regime di franchigia e, quindi, di irrilevanza ai fini edilizi, in tutte le situazioni nelle quali vi sia una incidenza trascurabile delle superfici e dei volumi realizzati.

Più recentemente, tuttavia, lo stesso Consiglio di Stato, con la sentenza 22/02/2020, n. 1107, ha invece ritenuto che la normativa in esame riguarderebbe un’ipotesi di abusivismo minore, intendendosi per tale quello che consegue alla realizzazione di un’opera complessivamente assentita, ma sconfinando dal perimetro della legittimazione ottenuta in misura talmente ridotta, da dovere essere di fatto tollerata; difformità cioè che non può – secondo la predetta sentenza – essere ancorata ad un titolo preesistente da anni, se non addirittura da decenni, in relazione al quale parlare di “parziale difformità” si palesa di per sé inconciliabile, salvo volere legittimare non divergenze da una progettualità necessariamente attuale, ma qualsivoglia intervento, purché di dimensioni contenute, su immobili costruiti in forza di un titolo edilizio che ha da tempo esaurito la propria funzione ed efficacia, in dispregio delle più elementari regole di corretto sviluppo del territorio.

Applicabilità alle difformità anteriori al D.L. 70/2011

Infine, secondo il TAR Campania-Salerno 13/06/2018, n. 930, la norma sulle tolleranze è suscettibile di applicazione anche per difformità anteriori alla sua entrata in vigore in quanto la stessa incide sulla configurazione astratta della fattispecie sanzionatorio-ripristinatoria, con conseguente sua applicabilità anche ad illeciti edilizi preesistenti, per i quali occorre applicare la norma vigente al momento dell’esercizio del relativo potere e non quella vigente al momento dell’esecuzione dell’opera.

Al riguardo la citata sentenza C. Stato 22/02/2020, n. 1107 ha peraltro affermato che la normativa sulle tolleranze costruttive sarebbe inapplicabile a interventi edilizi oggetto di provvedimenti amministrativi di demolizione anteriori alla sua entrata in vigore.

Potrebbe interessarti anche: Difformità urbanistiche e Superbonus 110%: cosa si può fare e cosa no

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